Londra non mi stanca mai e ho sempre in mente di ritornarci appena possibile.
Perché amo in lei quello che la anima e la attraversa. La sua essenza, molto più che le strade, i palazzi, i ponti e la sostanza di cui è fatta. Per quanto bellissimi siano.
Amo quella varietà, umana e di situazioni, che la popola.
Quel sentire che ogni volta, per quanto io sia percettiva, curiosa (tantissimo!) e capace di annusare e respirare a fondo una situazione, qualcosa di lei mi sfugge sempre. Mi sfugge ancora.
La percezione che, spesso inaspettatamente, la situazione cambi appena voltato l'angolo: l'odore del cibo venduto per strada, lo stile delle scarpe che corrono sul marciapiede, il cemento più spinto che si trasforma in verde campagnolo contro i muri, i negozi che diventano gallerie d'arte, il globalizzato spinto alternato a situazioni molto caratteristiche e irripetibili. Frastuoni, ma anche silenzi.
E la sensazione ben precisa che infinite possibilità si intrecciano qui. Infiniti modi di essere e stare al mondo.
Tante città diverse per ogni quartiere e ogni quartiere articolato in vari gruppi di vie con logiche e atmosfere tutte loro.
E Londra è uno di quei posti capaci di regalarmi una cosa potente: farmi sentire un po' diversa ogni volta, ancora capace di cambiare. Che mi ricorda che non ho mai voluto fossilizzarmi neppure per sbaglio in un'immagine e in un prototipo. E benché questo sia vero sempre, e credo valga un po' per tutti più o meno inconsapevolmente, essere qui è una delle situazioni rare in cui me lo ricordo bene ogni secondo.